Luigi Marson

Il Sentiero Glaciologico “Luigi Marson”

 

Il sentiero glaciologico Luigi Marson nasce nel 1996 da un’iniziativa del Servizio Glaciologico Lombardo (SGL) per avvicinare il grande pubblico agli ambienti glaciali del gruppo del Bernina, unico “quattromila” delle Alpi Centrali. L’obiettivo focale è avvicinare consapevolmente escursionisti, visitatori e turisti alle peculiarità dell’ambiente glaciale. Il sentiero è costituito da tre percorsi, che partono dal rifugio Bignami (2385 m) e sono alla portata di qualsiasi escursionista che abbia famigliarità con l’ambiente di alta montagna.

La testata della vallata, in cui si sviluppa il sentiero, è costituita da numerose cime che sfiorando i 4000 m di altitudine quali i Pizzi Argient e Zupò, i Bellavista e le tre cime del Palù. Grazie alla quota elevata delle vette di testata gli accumuli nevosi si conservano, garantendo la vitalità degli apparati glaciali. Uno dei luoghi di maggior rilevanza è l’Altopiano di Fellaria, posto a 3550 m, dove la neve riesce a conservarsi per tutta l’estate garantendo la formazione continua di nuovo ghiaccio.

Da questa zona più elevata scendono tre grandi flussi di ghiaccio. Il primo forma la Vadret da Palù, che attualmente si esaurisce in un lago di neoformazione a circa 2600 m di quota. Il secondo flusso scorre verso sud est, andando a formare l’imponente e tormentata colata orientale del Fellaria, interrotta da una barra rocciosa che spezza in due il flusso di ghiaccio dando vita ad una spettacolare falesia di ghiaccio particolarmente attiva. Anche questa lingua si esaurisce in un lago di neoformazione a circa 2560 m. Dal Passo dei Sassi Rossi verso ovest si sviluppa invece la colata occidentale del Fellaria che, un tempo, era alimentata da numerosi piccoli bacini secondari, oggi in rapido disfacimento.

Figura 1 – L’estensione del ghiacciaio di Fellaria dalla Piccola Età Glaciale al 2021 su base Esri.

Nel complesso il sistema glaciale Fellaria-Palù è un apparato imponente ed articolato e costituisce uno dei maggiori corpi glaciali del versante sudalpino. La sua superficie all’apice della Piccola Età Glaciale, raggiunto in due distinte fasi nel XVII° sec. e attorno al 1850, raggiungeva i 24 km2. Attualmente occupa una superficie di circa 13 km2 per un ritiro complessivo del 44.5 %, valore leggermente inferiore alla media alpina.

Le prime descrizioni glaciologiche del versante lombardo risalgono al 1899, per mano proprio di Luigi Marson. Da essa si ricava che il ghiacciaio aveva già abbandonato il piano di Alpe Gera e la lingua, con una notevole morena mediana, si attestava a circa 2300 m di quota. Da allora il ritiro è stato pressoché costante. La separazione delle due lingue orientale e occidentale avvenne negli anni Trenta del secolo scorso. Il regresso ha avuto un solo periodo di controtendenza tra il 1977 ed il 1985.

 

La lingua occidentale del Fellaria dopo la fine degli anni ‘80 del ‘900, ha subito importanti modificazioni morfologiche: la comparsa di una finestra di roccia all’interno della seraccata (1994) e la formazione di un calderone nella parte inferiore della colata seguita dalla completa fusione della lingua che scendeva dal gradino roccioso (2007) formando un laghetto. Attualmente la fronte si colloca al margine del bacino a quota 2750 m circa, qui le condizioni morfologiche hanno favorito il rallentamento dell’arretramento.

Figura 2 – La lingua occidentale del ghiacciaio di Fellaria scomparsa fra il 1990 (foto G. Catsartelli) ed il 2021 (foto M. Oreggioni).

Il flusso di ghiaccio che costituisce la lingua orientale del Fellaria ha inizialmente risentito meno degli altri del mutamento in atto, in quanto meglio alimentato dall’altipiano sommitale, e ha mantenuto il proprio assetto morfologico fino ai primi anni del ventunesimo secolo. Nel 2006 però, in corrispondenza del grande salto roccioso a 2900 m circa di quota, la parte superiore del ghiacciaio perde continuità con quella inferiore. Contemporaneamente la lingua inferiore inizia una notevole involuzione con una frammentazione ed un assottigliamento progressivo della fronte e la comparsa di laghetti lungo il bordo su entrambi i lati.

La morfologia dell’area ha favorito l’accumulo di un grande volume di acqua a discapito del ghiaccio, accelerandone la fusione. La fronte glaciale si è fratturata notevolmente con l’apertura di grandi crepacci longitudinali e frequenti fenomeni di crollo detto calving. In soli 14 anni, dal 2007 al 2021 lo specchio d’acqua nato dal ritiro della fronte glaciale, chiamato “Lago del Ghiacciaio”, ha raggiunto una superficie di 201350 m2 diventando il più grande lago naturale dell’intera Valmalenco.

Figura 3 – La lingua orientale del ghiacciaio di Fellaria dal 2007 (foto A. Gusmeroli) al 2021 (foto R. Scotti) ha lasciato spazio al “Lago del Ghiacciaio”. Immagine scattata dallo Stop n° 7 (fine del Sentiero Glaciologico L. Marson) tratto C.

L’ITINERARIO

 

Il sentiero glaciologico Luigi Marson parte dal rifugio Bignami e, dopo un primo tratto coincidente con l’Alta Via della Val Malenco, si dirige verso l’alpe Fellaria.

La prima sosta (Stop 1) che si incontra è in una piana caratterizzata da numerosi cuscinetti erbosi, rigonfiamenti del suolo costruiti dall’azione ciclica del ghiaccio stagionale che si forma nei pori del terreno in autunno e che fonde in primavera. La valle mostra la tipica forma a U delle valli glaciali e il salto che la separa dal fondo della valle principale: queste topografie sono la conseguenza dell’azione modellatrice dei ghiacciai durante l’Ultimo Massimo Glaciale, esauritosi 21-18.000 anni fa.

Al termine della piana erbosa, il sentiero giunge alla prima biforcazione: a sinistra ci si innalza sul sentiero alto A, che con un percorso panoramico conduce in prossimità della fronte occidentale del Fellaria, a destra si prosegue sul sentiero basso che successivamente si dirama in due ulteriori tratti: il sentiero B, che accompagna l’escursionista fino alla piana occupata un tempo dalla lingua Occidentale, e il sentiero C che conduce al Lago del Ghiacciaio da dove si può osservare la fronte orientale del Fellaria.

 

Itinerario A

Il sentiero alto A risale il versante e l’escursionista si ritrova a camminare su dei campi di pietre caratterizzate dei particolari allineamenti verticali: esse hanno origine seguito dell’azione del ghiaccio che stagionalmente si forma e scompare all’interno del terreno. Proseguendo, si apre al di sotto del sentiero la valle glaciale del ramo occidentale del Fellaria. Qui, con lo sguardo rivolto alle attuali fronti ed alle morene della Piccola Età Glaciale che si mostrano lungo i fianchi dei versanti, è possibile immaginare il paesaggio glaciale che fino agli inizi del 1900 era lì presente: due grandi lingue glaciali che si univano in un unico corpo.

Figura 4 – L’altipiano di Fellaria ed i due flussi ancora uniti nei pressi della fronte nel 1907. Foto A. Corti, Archivio Corti Sez. Valtellinese del CAI, Sondrio

Proseguendo sulla morena è possibile vederne la struttura interna costituita da sabbie, limi, molti massi e ciottoli. Proseguendo si giunge al lago Fasso a quota 2640, costituitosi a causa dello sbarramento ad opera proprio della morena su cui il sentiero si sviluppa. Poco oltre, si giunge alla targa conclusiva del sentiero A (Stop 2): da qui è possibile vedere la fronte occidentale del ghiacciaio, ormai al di sopra della parete rocciosa adiacente. Osservando le dimensioni della valle glaciale sottostante si comprende quanto esso si sia ridotto, non solo in termini di arretramento, ma anche di perdita di altezza e quindi di volume.

 

 

Itinerario B

Proseguendo invece dal bivio iniziale con il sentiero basso, ci si ritrova presto a camminare al di sopra di una antica morena tardoglaciale deposta fra 13 e 11.500 anni fa, oggi ricoperta di vegetazione bassa e segnalata con un cartello. Si risale fino a raggiungere il grande pianoro occupato dal ghiacciaio durante la Piccola Età Glaciale, terminata circa 170 anni fa. Il grosso masso erratico granitico nella piana, indicato con una targa, ha una natura geologica completamente diversa dalle rocce metamorfiche lì affioranti: questo è un chiaro segno che il corpo, originatosi in un’altra zona, è stato trasportato e abbandonato dal ghiacciaio.

Pochi passi oltre, superata la deviazione a sinistra che permette di ricongiungersi con il sentiero A, l’escursionista si trova a camminare nei pressi della posizione occupata dal ghiacciaio fino all’inizio del secolo scorso. Un cartello illustrativo (Stop 3) evidenzia un’area di rocce montonate modellate dal ghiacciaio: striature, numerose scaglie rocciose asportate, svariati solchi longitudinali ora occupati da ruscelli e, particolarmente interessanti, alcuni nuclei rocciosi con lunghe “code” a valle. Questi ultimi, caratterizzati da una conformazione cristallina con durezza maggiore rispetto alla roccia metamorfica entro cui sono immersi, hanno infatti offerto protezione dall’erosione operata dalla base del ghiacciaio alla roccia a valle. 

Figura 5. Rocce montonate e striate dalla lingua del ghiacciaio di Fellaria (Stop 4). Foto R. Scotti.

Risalendo ulteriormente si giunge a un masso che negli anni ’40 era in prossimità della fronte del ghiacciaio. Da qui inizia il sentiero B che si sviluppa nella piana glaciale ovest, dove alcune targhe segnalano i punti utilizzati dai glaciologi per il monitoraggio dell’arretramento della fronte. Impressionante, infine, risulta la vista in corrispondenza della targa posta al culmine del percorso (Stop 4): nel 1996 la fronte, a quota 2550 m circa, era poco distante, e si trovava al di sotto di una seraccata che, fino agli anni ’80, si mostrava rigonfiata e potente. Attualmente la fronte è arretrata tanto da essersi posizionata a circa 200 m di quota più in alto, a monte del gradino roccioso che ora appare completamente libero dal ghiaccio.

Percorrendo un sentiero ad anello si ritorna al masso erratico degli anni ’40 e da lì ci si dirige verso il torrente glaciale, dove un ponte permette di iniziare il percorso lungo il sentiero C verso la fronte orientale del ghiacciaio di Fellaria.

 

Itinerario C

Attraversando l’impetuoso torrente l’escursionista può osservare la torbidità delle acque di fusione glaciale causata dall’inclusione del sedimento originatosi dall’azione abrasiva del ghiacciaio stesso. Il sentiero risale la morena lasciata dal ramo occidentale nel corso della prima metà del ‘900, dopo che le due lingue si separarono. Proprio a fianco del sentiero, si può osservare un masso perfettamente spaccato in due parti dall’azione ciclica di gelo e disgelo (crioclastismo). Al termine della salita, si può apprezzare la valle glaciale del ramo ovest (Stop 5): dalla fronte del ghiacciaio, posta al di sopra del gradino roccioso, il torrente di ablazione si getta lungo le rocce fino a giungere al lago alla base della parete, da qui prosegue la sua corsa tra canali intrecciati e meandri, erodendo e formando profonde incisioni nel deposito glaciale di fondo lasciato dalla lingua. Notevole anche la morena laterale che fa comprendere quanto fosse lo spessore della lingua glaciale durante la Piccola Età Glaciale. Proseguendo verso la fronte orientale il sentiero entra in un’area completamente ricoperta dalla lingua glaciale fino ai primi decenni del ‘900. Si prosegue dunque sullo stesso percorso di arretramento della fronte fino a giungere all’apice dell’anfiteatro che raccoglie la parte conclusiva del ramo orientale. Qui un cartello indica all’escursionista che si trova in corrispondenza della morena degli anni ’80, dove solo pochi decenni fa giungeva il ghiacciaio in occasione dell’ultima avanzata registrata.

Oltre questo punto, dall’alto della morena, la vista si apre su una moltitudine di elementi glaciali recenti, recentissimi o attuali, sia del corpo glaciale stesso che dell’ambiente circostante (Stop 6). L’attenzione si fissa sulla magnifica falesia di ghiaccio da cui crollano dei blocchi, talvolta di dimensioni considerevoli, che rimbombano all’interno dell’anfiteatro naturale. Lungo la parete rocciosa, durante la stagione estiva di ablazione, scendono numerose cascate derivanti dalle acque dei torrenti subglaciali.

Fig. 6. Un crollo dalla falesia di ghiaccio della fronte orientale (Stop 6). 31 luglio 2015, foto R. Scotti.

Alla base della parete rocciosa i blocchi di ghiaccio crollati si depositano in una serie di coni di accumulo, chiamati tecnicamente “di rimpasto” che alimentano la lingua glaciale residua, ormai staccatasi dal corpo principale. La lingua sopravvive grazie ai continui crolli di ghiaccio dovuti al naturale trasferimento di massa dai bacini superiori alla falesia rocciosa. Il flusso di ghiaccio incontrando un gradino tanto marcato è costretto a crollare. Proprio per questo motivo tali eventi, visivamente impressionanti, non sono un segnale di crisi del ghiacciaio, bensì un segnale di vita, testimoniando il perdurare della produzione di ghiaccio alle quote superiori. La lingua, segnata da ampi crepacci longitudinali, risulta attualmente in una fase di veloce arretramento con la formazione, dal 2007 in poi del lago di contatto glaciale in cui galleggiano gli iceberg staccatasi dalla fronte. La falesia verticale di alcuni metri della fronte permette di apprezzare la stratificazione del ghiacciaio composta da livelli di ghiaccio progressivamente più antichi con la profondità. Prestando attenzione a non uscire dalla traccia del sentiero per non alterare il terreno recente e fragile, l’escursionista si ritrova a camminare in mezzo a coni di sabbia formati dalla fusione differenziale del ghiaccio contenuto all’interno dei depositi abbandonati all’inizio del XXI secolo. Accanto ad essi, infine, l’ultimo deposito, quello più recente ed attuale, ad opera del lago e quindi particolarmente fine. L’escursione si conclude infine raggiungendo l’apice del dosso roccioso (Stop 7), punto panoramico dal quale poter apprezzare l’insieme degli elementi del paesaggio glaciale e periglaciale, compreso il rock glacier presente sul versante montuoso a nord est. Quest’ultimo si è sviluppato lungo il versante nord occidentale della Cima Fontana ed ha sopravanzato la morena laterale lasciata dal ghiacciaio a testimonianza di una velocità di flusso particolarmente elevata. Siamo in uno dei punti paesaggisticamente più spettacolari dell’intera regione, dove gli elementi della criosfera si mostrano in tutta la loro spettacolare potenza. L’escursionista, ripercorrendo mentalmente il cammino fatto, può comprendere quanto velocemente si sia evoluto il territorio sul quale ha appena camminato e può immaginare cosa potrà succedere in futuro a quello che gli si pone di fronte.

Fig. 7. La fronte orientale del ghiacciaio di Fellaria vista dal punto di arrivo del percorso C (Stop 7) il 24 settembre 2021. Foto R. Scotti

ATTENZIONE!! La fronte del ghiacciaio ha subito drammatici cambiamenti negli ultimi 3 anni incrementando notevolmente i pericoli derivati dai crolli di ghiaccio dalla falesia frontale. Contestualmente, la spettacolarità del luogo ed il naturale desiderio di avvicinarsi il più possibile a quel particolare e magnifico fenomeno naturale che è il ghiacciaio, spinge sempre più spesso moltissimi escursionisti oltre il termine dell’itinerario segnalato, fino alla fronte glaciale o sulla superficie del ghiacciaio stesso. Questo ha portato ad un aumento di comportamenti potenzialmente autolesionistici provocati da una scarsa conoscenza e consapevolezza dei pericoli connessi all’ambiente di alta montagna ed all’ambiente glaciale.

Scarica qui (AVVISO_SentieroMarson.pdf) la locandina dei possibili pericoli.

 

 

Percorso

  • Partenza: Rifugio Bignami (2385 m)
  • Arrivo: Rifugio Bignami (2385 m)
  • Quota minima: Rifugio Bignami (2385 m)
  • Quota massima: 2638 m (Lago Fasso – Itinerario A) – 2520 m (Itinerario B) – 2604 m (Itinerario C)
  • Dislivello totale in salita: 290 m (Itinerario A) – 165 m (Itinerario B) – 260 m (itinerario C) – 500 m (itinerario completo A+B+C)
  • Dislivello totale in discesa: 290 m (Itinerario A) – 165 m (Itinerario B) – 260 m (itinerario C) – 500 m (itinerario completo A+B+C)
  • Durata: 1,5 h (Itinerario A) – 2 h (Itinerario B) – 2,5 h (itinerario C) – 3,5 h (itinerario completo A+B+C)
  • Lunghezza percorso: 4 km (Itinerario A) – 4,5 km (Itinerario B) – 5,5 km (itinerario C) – 7,5 km (itinerario completo A+B+C)
  • Livello di difficoltà: E – Escursionistica; brevi tratti EE – per Escursionisti Esperti (l’accesso al ghiacciaio è consigliabile solo ad alpinisti esperti o accompagnati da guide alpine)
  • Caratteristica del percorso: sentiero e tracce di sentiero con tratti anche ripidi di morena e di detrito
  • Periodo consigliato: da metà giugno a settembre, in funzione dell’innevamento
  • Segnaletica: targhe e cartellonistica “Sentiero Glaciologico Luigi Marson”; bolli azzurri; ometti di pietre

Mappa Sentiero Glaciologico L.Marson – itinerari e punti di sosta